sabato 7 aprile 2012

SAPEVO PIANGERE IN UN'ALTRA LINGUA




La luna è piena di sogni e fantasia stasera. Cibo per l’anima.

Venerdì santo agli argini del fiume che sonnecchia sotto ponti

illuminati a festa.

Luci che riflettono statue di eroi angeli e santi, sembrano dei

giganti.

Roma di giorno rumorosa, offre di notte la fiaba dell’incanto a chi

passa.

E straripano promesse da bocche colmi di aromi esotici.

In me sono i ricordi a rompere gli argini della mente.

Salgono scale di marmo, bussano sulla porta dell’ultimo piano.

C’è lui, c’è lei. E il faro spento sopra il colle.

Dal cuore s’innalza una preghiera pagana. Per Dea Roma.

Per i vent’anni di un vissuto normale.

Nulla è per sempre, tanto meno una parentesi.

Un po’ di respiro per la vita in apnea, giusto quel poco che serve per

proseguire ed essere pronti alla prossima sorpresa.

Io sapevo piangere in un’altra lingua, Roma mi ha insegnato a ridere

con ironia.

Carmen

mercoledì 21 marzo 2012

DANZA ROSSA VENEZIANA



Di fianco alla gondola
galleggia la speranza
è mite il sentimento
quando sfiora l’acqua
s’alzano le nebbie
e calano le gioie
al volo della colomba
bianca

Sarà la luna piena
a sciogliere i veli
legati sulla bocca
rauca
e sopra la laguna
la scia dei misteri
seguiremo in barca

tu sposami a Venezia
dopo che gli anni
saranno liquidati
dalla gondola in affanno
e poi risposami ancora
al ritorno del veliero.

Diserterà dal molo
la quaresima del dolore
perché tu sarai il Doge
ed io la tua Dama
nelle vesti della danza
tutta rossa veneziana.

Carmen

martedì 24 gennaio 2012

LA RAGIONE DELLA CIVETTA



Sarà la serenata del grillo
per l’assenza della luna piena
lo svolazzare di nottola
intorno al lampione
che mi tiene desta
o sarà il silenzio della lampara
sulle onde dove scompare
l’immagine del grembo vasto
l’invisibile carezza sul volto.
Tra rumori sconosciuti al ricordo
mi abbandono
prende posto madame Tristezza
nella nicchia del mio cuore.
Sarà che la civetta
per me stanotte è arrivata,
mi guarda con due occhi grandi
ride, a ragione.

Carmen


martedì 17 gennaio 2012

ERANO TEMPI DIVERSI

Erano giorni di sangue e sudore e c’era poco tempo per fare l’amore. Si mangiava pane e castigo, eppure la femmina era sempre incinta, partoriva in casa e l’uomo tracciava solchi per la semina.
Le strade, quando c’erano, erano buche. A pensarci bene, tutto era buio e poco sereno.
I sogni…, canzoni di sera. L’ozio, un film da vedere.
La filosofia si fondava sui calli di chi setacciava la giornata e gli ideali era appesi in cima al soffitto a stagionare. Si lottava e si cantava per farsi coraggio sui campi, ingravidati dalla speranza.
Erano tempi adulti, dove i bambini erano troppo seri e portavano a casa uno spicciolo per cena e la domenica, il tempo per una preghiera , e poi di nuovo sui campi.
Nessuna vacanza, se non quella del sonno.
Si ascoltava la voce rauca del vecchio saggio e la vedova era sacra. E chi era single era zitella. Sempre in attesa.
Erano tempi di cattedrali di dolori e la gioia una parola degli altri.
Ora, che le strade sono asfaltate e la femmina è diventata donna e partorisce all’ospedale; ora che si butta il cibo che avanza perché i bambini sono viziati; ora che il contadino lavora in fabbrica perché gli conviene; che nessuno si occupa del vecchio ed ascolta; ora che le finestre sono chiuse, perché non vogliamo la polvere insieme alla luce, siamo seduti sulle fatiche di certi eroi, che parlavano poco e lavoravano tanto.


CARMEN

giovedì 12 gennaio 2012

L'AUDACE




L’impavido s'inoltrò  
nelle stanze della terra
dagli occhi gelide
seppe togliere la polvere
dalle tante verità
e la menzogna cadde in ginocchio
al tabernacolo di pietra

gli anni divennero sabbia
le oasi buchi nella memoria
il canto della cicala
un requiem per l’illusione


ma l'amore sopravvisse
e scorreva lava rossa  
nelle zolle dell’audace.




Carmen

sabato 3 dicembre 2011

Il ritorno



Sotto quale ombra veleggia l’anima
che affida la sua breve stilla
al laconico desiderio acceso sulle onde
mai paga del fuoco e dell’acqua sua
le fune scuote.
Ha polsi sottili la dorata preda
si librerà nell’aria abbandonando al destino
le funi e l’ombra . Sarà luce a vele aperte 
l’appagato ritorno al quieto orizzonte.

Carmen

lunedì 28 novembre 2011

L'Abusiva

Visse in me da clandestina
per l'erosione del dolore
e  per l'aurora di una gloria.
Fu indulgenza e vittoria
fu luce e penombra
fu la mia ossessione.
Il morso della sua essenza
fu succo che avvelena
l'emorragia del flusso
che finisce con un amen
e poi è armonia.
La convivenza nostra pareva
coercizione,
invece fu la complicata
coesione di due opposti.
La sofferta perfezione
(che mai si avvera).
Lei pagata sottocosto
senza passaporto l'identità
non rivelava
ma rivelava di nascosto
la bellezza del poema
mi ammoniva.
Così divenne da abusiva
la mia padrona (e maestra).
Vivemmo sopra il tempo 
in un castello di percezioni.

Carmen

(dedicata a ciò che scrivo)